Darwin e il disturbo ossessivo compulsivo (DOC): scienza e ossessioni
Darwin e DOC sono due parole che spesso non vengono associate, eppure la biografia di Charles Darwin mostra come ansia e ossessioni abbiano accompagnato un percorso scientifico che ha cambiato la nostra storia. In queste righe ripercorriamo il rapporto tra Darwin, scienza ed evoluzione, con uno sguardo ai tratti che oggi ricondurremmo al disturbo ossessivo compulsivo.
La prima volta che ho sentito parlare di Darwin è stata alle scuole medie, ma è durante il liceo che ho iniziato a confrontarmi con la complessità delle teorie di Lamarck e Darwin. Solo più tardi, mentre studiavo medicina, ho davvero compreso il concetto di selezione naturale, che possiamo riassumere così: non è che le giraffe abbiano sviluppato un collo lungo perché lo “allungavano” in cerca di cibo. All’interno delle popolazioni di antenati delle giraffe esistevano già variazioni naturali: alcune avevano il collo più lungo, altre più corto. Le giraffe con il collo più lungo erano avvantaggiate nel raggiungere le foglie più alte, sopravvivevano meglio e avevano più probabilità di riprodursi, trasmettendo questa caratteristica ai discendenti. E così oggi vediamo soprattutto giraffe con il collo lungo perché si sono adattate meglio all’ambiente in cui vivono.
Tutti conosciamo l’importanza di Darwin e di come abbia radicalmente cambiato la visione della scienza. Prima di lui, la maggior parte delle spiegazioni sul mondo naturale si basava su idee statiche, che vedevano le specie come forme immutabili, create una volta per tutte. Con la sua teoria della selezione naturale, Darwin mostrò che la vita è movimento, adattamento, trasformazione continua. Le sue ricerche scossero le fondamenta non solo di zoologia e botanica, ma anche di filosofia, teologia, medicina e psicologia. Dopo Darwin non si poteva più pensare all’essere umano come isolato dal resto della natura: facevamo parte, a pieno titolo, della stessa grande storia evolutiva.
Darwin e il disturbo ossessivo compulsivo (DOC)
Molti biografi hanno descritto aspetti della vita di Darwin che, con il linguaggio di oggi, potremmo avvicinare al disturbo ossessivo compulsivo: dubbi persistenti, bisogno di controllo, ripetizione di azioni e pensieri intrusivi. Non si tratta di diagnosticare a posteriori, ma di comprendere come Darwin ossessioni e sensibilità emotiva abbiano convissuto con il suo metodo di ricerca rigoroso.
Un bambino curioso soprannominato “Gas”
Già da piccolo Darwin mostrava una curiosità vivace, collezionando nella sua casa di campagna insetti, rocce e minerali, e osservando con stupore gli uccelli della sua zona. Nella capanna degli attrezzi del giardino conduceva esperimenti di chimica insieme al fratello Erasmus. Gli odori pungenti di quegli esperimenti spinsero i familiari a soprannominarlo scherzosamente “Gas”.
La sua passione per lo studio lo portò a iscriversi alla facoltà di Medicina di Edimburgo, che però abbandonò dopo due anni, perché non sopportava le dissezioni e i metodi dell’epoca. Preoccupato per il futuro del figlio, il padre lo iscrisse a Cambridge, sperando in una carriera ecclesiastica. In quegli anni, però, emerse ancora più forte la sua passione per il collezionismo — soprattutto coleotteri — e per i libri di botanica e scienze naturali.
Un colpo di fortuna cambiò radicalmente la sua vita: il ritiro improvviso di un naturalista dalla spedizione della nave Beagle aprì a Darwin, appena ventunenne, la possibilità di salire a bordo. Quella spedizione durò cinque anni e non cambiò soltanto lui, ma anche la storia delle scienze, comprese medicina e psicologia.
Una ferita precoce e la comparsa delle ossessioni
All’età di otto anni Darwin perse la madre, morta improvvisamente. Questo evento lasciò un segno profondo nella sua vita. In alcune lettere scritte in età adulta raccontò di avere ricordi molto vaghi di lei. Cresciuto senza la presenza materna, fu accudito soprattutto dalle sorelle maggiori, ma questo vuoto precoce è stato interpretato da diversi biografi come un fattore che alimentò la sua ansia.
Negli anni successivi emersero pensieri intrusivi e ricorrenti. In una lettera scrisse: «Non riuscivo a dormire e qualunque cosa avessi fatto durante il giorno mi perseguitava di notte con ripetizioni vivide e logoranti». Parlava di “orribili spettacoli” e temeva che i suoi figli potessero ereditare la sua stessa fragilità. Cercava di scacciare queste immagini chiudendo forte gli occhi, ma senza riuscirci.
La sua mente sembrava incapace di lasciar andare i dubbi. Dopo un colloquio banale con il curato del villaggio, tornò nel cuore della notte a casa sua per assicurarsi di non essere stato frainteso. Ripeteva in continuazione frasi di rassicurazione come un mantra: «Ho lavorato quanto più potevo, e nessun uomo può fare più di questo».
Aveva fatto tracciare accanto alla sua casa di Down House, nel Kent, un sentiero di forma ovale chiamato Sandwalk. Questo percorso in campagna era molto più di un semplice vialetto di ghiaia. Ogni giorno, con passo regolare, Darwin percorreva quell’anello immerso nel verde. Per non perdere il conto dei giri, posava alcune pietre lungo il percorso e, a ogni passaggio, ne spostava una. Per oltre trent’anni camminò quotidianamente lungo quel sentiero, che rimase il teatro delle sue riflessioni e — spesso — delle sue ossessioni: in quelle passeggiate silenziose nacquero alcune idee che hanno cambiato per sempre la nostra visione del mondo.
Quando la fragilità diventa scoperta
La vita di Darwin fu attraversata da ansie, pensieri ossessivi e rituali che oggi potremmo leggere come forme di disturbo ossessivo-compulsivo. Eppure, proprio alcune di queste caratteristiche — l’attenzione minuziosa, la costante necessità di verificare e la straordinaria perseveranza — furono anche il motore che lo spinse a osservare la natura con una precisione senza pari. Il suo genio brillò nonostante le fragilità, e forse anche grazie ad esse: Darwin fu uno scienziato capace di cambiare la visione del mondo e, allo stesso tempo, un uomo accompagnato dalle proprie paure e da pensieri difficili.
Raccontare Darwin non significa solo ricordare il padre della teoria dell’evoluzione, ma anche riconoscere la complessità di tutta la sua persona. La sua storia ci mostra che talento e vulnerabilità possono convivere, e che la sofferenza psicologica non è incompatibile con la creatività e con la capacità di lasciare un segno profondo nella storia. Le ossessioni che lo tormentavano non gli impedirono di dare forma a una delle idee più rivoluzionarie della scienza — idee che ancora oggi orientano lo sguardo di chi si occupa di Darwin, scienza ed evoluzione. Non dobbiamo cancellare le nostre fragilità per dare valore al nostro percorso: spesso è attraverso di esse che nascono le domande — e le risposte — più importanti. La vita, insegna Darwin, non è mai statica: è movimento, adattamento, trasformazione.
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📚 Riferimenti bibliografici
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